Una delle difficoltà operative che sta caratterizzando i BTC in questa delicata fase storica è sicuramente l’attività del mining che per la prima volta da quest’anno sta subendo un duro colpo in termini di produzione. Siamo di fronte ad una vera e propria discesa che sta preoccupando l’intero settore. A tal proposito la regolazione dello sviluppo del mining di Bitcoin ha portato alla prima correzione negativa scendendo al di sotto della soglia del 1,5% per poi passare ad un timido 1,49%. La velocità di questo cambiamento lascia presupporre una problematica profonda nel sistema. Non è un caso che sia la difficoltà di mining che l’hash rate hanno raggiunto un nuovo massimo storico .
Dopo un’ascesa di ben 8 mesi, la facilità di Bitcoin a minare si è interrotta. Di conseguenza in questo campo niente sarà come prima dato che è venuta a decadere quella dinamica automatica nella fase di sviluppo e produzione del mining. Si tratta di una riduzione degli accessi che lascia presagire un futuro incerto. Cercando poi di risolvere il problema, ridimensionando la difficoltà a produrre Bitcoin si è arrivati ad un muro di circa 2.016 blocchi confermati, con la difficoltà di estrazione di un nuovo blocco in base alla media degli ultimi dati.
In realtà questa difficoltà di seguire la strada del proof-of-work è dettata da una media mobile che sostanzialmente ha come scopo quello di mantenere un numero medio di blocchi all’ora, laddove se sono troppo veloci, ovviamente il problema si incrementa in automatico. In tal senso questi 2.016 blocchi sono stati generati troppo lentamente ad una media di 10 minuti e 9 secondi. In compenso secondo gli analisti la correzione del -1,49% potrebbe essere l’unica dell’anno.
Quest’ultima previsione alla luce dei recenti dati relativi all’analisi di mercato appare più come una speranza che come una possibile prospettiva considerando gli effetti prossimi della guerra nel conflitto che si sta combattendo in Europa dell’Est. A tal proposito una correzione dell’1,49% non è niente rispetto al periodo buio del mining che potrebbe verificarsi con l’intensificarsi della guerra, estesa ad altri Paesi e in altre aree geografiche. D’altronde il mercato è abituato a questi scenari come quando un divieto in Cina causò un calo catastrofico dell’hash rate. Fortunatamente ci sono Paesi come il Kazakistan e il Canada dove il mining risorge sempre dalle ceneri con un’impennata del 31% che ha dimostrato la resilienza della rete.
Dalla parte dei BTC resta un hash rate di 300 Eh/s che potrebbe essere un obiettivo raggiungibile nel 2022, soprattutto sulle basi della capacità del mining che ha finora dimostrato in più occasioni non solo una crescente resilienza ma anche flessibilità geografica. In questo modo non c’è un rischio forte che possa esaurire la sua capacità di sviluppo, più che altro che possa ridimensionarsi per effetto delle conseguenze del conflitto bellico in corso.
Da anni sono copywriter e redattore di blog di tematiche finanziarie ed economiche. Tra le mie passioni il mondo delle criptovalute, Bitcoin e degli investimenti online.