Silk Road e il governo degli Stati Uniti sono tra gli – inaspettati – protagonisti della settimana in ambito Bitcoin (BTC) e criptovalute. A catalizzare l’attenzione su alcuni wallet notoriamente sotto il controllo del Dipartimento di Giustizia a stelle e strisce sono alcune analisi on-chain [1] di Spot on Chain.
Bitcoin, i movimenti del Governo USA seminano il panico
I dati evidenziano ingenti trasferimenti di Bitcoin, per un totale di circa 2 miliardi di dollari (30,17.000 BTC). Il denaro è stato spostato da un portafogli riconducibile al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) verso un indirizzo sconosciuto. In seguito, da quest’ultimo wallet – che possiamo considerare come un intermediario – sono stati venduti circa 2mila bitcoin (al valore a attuale equivalgono a circa 132 milioni di dollari) tramite Coinbase Prime.
Altri 29,9mila BTC (1,95 miliardi di dollari) sono invece stati inoltrati ad un altro indirizzo, al momento sconosciuto, ma presumibilmente – stando a quanto riferiscono i principali media americani del settore – riconducibile al Governo USA. Ciò sta a significare – e si tratta di una differenza fondamentale – che la restante somma non è stata ancora venduta, ma semplicemente trasferita. L’attenzione della stampa finanziaria internazionale è stata comunque inevitabilmente catturata da questi movimenti.
La vendita dei Bitcoin di Silk Road non spaventa i massimalisti
Il portafoglio digitale da cui sono partiti i fondi conteneva Bitcoin confiscati in seguito all’ormai celebre “Silk Road hack” del novembre 2021. La paura degli investitori – per il momento soltanto teorica – è che il governo degli Stati Uniti possa vendere tutta la somma, andando ad innescare un dump che andrebbe a rinfocolare quello concretizzatosi nei giorni scorsi, amplificandone l’effetto ribassista.
A quasi 24 ore dal movimento possiamo però affermare che la paura sia già scomparsa. Anzi, sono diversi i trader profittevoli – quindi autorevoli – che in queste ore stanno palesando ottimismo, se non addirittura entusiasmo, per il fatto che una significativa fetta di offerta possa tornare sul mercato di Bitcoin.
Silk Road Bitcoin: per Van de Poppe non sono un problema
Tra questi anche l’apprezzatissimo [2] Michaël Van de Poppe, vera e propria istituzione della crypto finanza. Queste le sue parole: “In ogni mercato, abbiamo narrazioni rialziste e ribassiste. Al massimo slancio rialzista, vedrai un enorme impatto di ogni narrazione ribassista. Questa volta tocca ai Bitcoin di Silk Road. Sono felice che ciò accada, sono felice che li riportino sui mercati. Ad ogni modo, buy the deep”.
Silk Road Hack: quando è successo e perché
Come è noto Silk Road era un vero e proprio marketplace di stupefacenti e altre merci illegali, che sfruttava l’anonimato garantito da Bitcoin per realizzare servizi di compravendita – ovviamente illegali – in tutto il mondo. Il suo fondatore è stato arrestato nel 2013 e il sito ha successivamente chiuso.
Tra il 2011 e il 2012 un giovanissimo hacker era però stato in grado di violare i sistemi del portale, riuscendo a rubare 50mila Bitcoin. James Zhong, questo il nome del cittadino americano autore del furto, è stato arrestato soltanto nel 2021 e condannato ad un anno di carcere. Il governo degli Stati Uniti ha quindi acquisito i fondi, che sono stati aggiunti a quelli già sequestrati a Silk Road nel 2013.
Sono un Content Editor che ha scritto oltre 7.000 articoli per magazine e testate giornalistiche. Oggi mi occupo principalmente di cronaca finanziaria, politica e attualità e per Broker-Forex.it scrivo per la sezione news su crypto e Bitcoin.