Il dietrofront del mercato cinese: vietato l’uso di cripto

La recente scelta della terza più grande banca cinese, la Agricultural Bank of China, di vietare l’uso di Bitcoin per l’acquisto e la compravendita ha fatto scivolare il titolo a 32.500$, innescando una spirale di malcontento tra gli investitori che avevano puntato sulla sua immedia ripresa. In tal senso il minimo locale toccato dalla coppia BTC/USD ha frenato la corsa della moneta digitale penalizzata dal divieto improvviso per transazioni legate a Bitcoin e criptovalute di vario tipo.

In siffatto contesto la situazione potrebbe precipitare e indebolire la capitalizzazione di bitcoin. In tal senso le recenti parole di Colin Wu hanno confermato questa generale preoccupazione dato che d’ora in avanti saranno segnalati tutti i comportamenti e le transazioni non in linea con questo provvedimento e di conseguenza saranno subito sospesi con una serie di denunce ai dipartimenti competenti.

Insomma è chiaro che il governo cinese ha iniziato una vera e propria battaglia contro questa moneta digitale. In tal senso si aspettano le conseguenze di questa decisione che potrebbe pesare sugli investimenti messi in campo dai privati che di colpo trovano svuotati di valore i loro wallet di riferimento.

Questa notizia devastante per il mercato online si unisce alle altre diffuse nelle ultime settimane in Cina che sta sfornando provvedimenti dannosi per i Bitcoin, uno dopo l’altro, iniziando un’intensa attività di repressione mirata a spegnere sul nasce qualsiasi intervento dal mining alla capitalizzazione ribadendo con forza i divieti sulle criptovalute e la loro commercializzazione online.

Anche se sono in molti a credere che una minor dipendenza dalla Cina possa solo giovare ai Bitcoin, è anche vero che questa presa di posizione appare un pò esagerata, quasi come se dovesse a tutti i costi assecondare una propaganda interna che mira a mostrare un governo sicuro e soprattutto coerente con i suoi ideali e i suoi valori.

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