Bitcoin: il divieto cinese non frena le emissioni dei BTC

Il recente divieto cinese sulle criptovalute non ha creato l’effetto “desiderato”, ma anzi ha innescato un gettito sostanzioso di emissioni dei Bitcoin. A tal proposito esse sono aumentate del 17% come svela uno studio sul campo pubblicato sulla rivista scientifica Joules, secondo cui l’emissioni del network sono in realtà aumentate e dunque non sono crollate come si pensava inizialmente.

Si pensava che il divieto in Cina del mining di criptovalute potesse avere degli effetti positivi in merito alle emissioni di carbonio, eppure dopo questa decisione l’impatto ambientale è cresciuto del 17%. Di conseguenza c’è qualcosa che ha remato contro questo scenario. Non è un caso che il sistema di consenso Proof-of-Work alla base di Bitcoin è stato per lungo tempo oggetto di accesi dibattiti ambientali e sociali, ma non si pensava che avrebbe peggiorato le cose, anziché migliorarle.

Inizialmente era la Cina a detenere la leadership dei miner di Bitcoin con un buon 60% dell’hash power complessivo della rete, ma con il divieto imposto dal governo c’è stata una migrazione della maggior parte delle mining farm al di fuori dei confini cinesi con interessi trasferiti negli Stati Uniti, in Russia e in Kazakistan. In realtà la migrazione dei miner al di fuori della Cina aveva uno scopo ben preciso: non solo rendere il sistema più decentralizzato, ma anche più verde, ma il report che abbiamo in nostro possesso dimostra che questo cambiamento non è avvenuto con una quantità di energia rinnovabile usata per il mining di BTC che è praticamente scesa dal 42% della scorsa estate al 25% oggi.

Di conseguenza gli analisti sono seriamente convinti che la community cripto non è influenzata dalle sanzioni o da qualsiasi divieto esterno, riuscendo sempre a mantenere il proprio status nonostante le difficoltà. Così anche se in Cina è stato vietato il mining la blockchain emette 65 megatoni di anidride carbonica all’anno con un attenzione maggiore sulle energie rinnovabili rispetto alle principali mining hub. Estendendo questo concetto a quello che sta succedendo in Russia, emerge un dato di fatto: le criptovalute possono rappresentare una scorciatoia su cui bisognerebbe riflettere prima di ogni investimento.

Quello che su cui bisognerebbe ragionare è il sentiment verso i BTC che è ancora alto e duraturo nonostante i numerosi ostacoli incontrati dalla nota criptovaluta. Quello che sta succedendo nonostante il divieto cinese dimostra che l’attenzione verso il lavoro dei miner è più forte dei sabotaggi politici e finanziari. Per questo motivo sarà la stessa Cina a rivedere alcune posizioni che non stanno generando il clima sperato. A tal proposito le emissioni di miner è risalito con una percentuale superiore alle aspettative. A questo punto gli analisti temono che i divieti siano stati solo un modo per distrarre i partner commerciali dei reali problemi del sistema finanziario digitale.

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